Si avanza ancora oltre il Piave, gli austriaci si ritirano; gioia nei paesi liberati

Preceduti da una violentissima preparazione dell’artiglieria, i nostri reparti hanno attaccato le posizioni nemiche sul massiccio del Grappa. Gli arditi del IX reparti d’assalto hanno preso la cima dell’Asolone, ma il contrattacco avversario ha costretto i nostri assaltatori a ritornare sulle posizioni di partenza; gli austriaci hanno attaccato tali posizioni ma sono stati respinti dagli uomini del 32° fanteria (brigata Siena). Per l’ennesima volta gli austriaci sono stati scalzati dalla sommità dell’Asolone ed ancora gli italiani non hanno potuto difendere la loro conquista: la cima dell’insanguinato monte risulta intenibile da entrambi i contendenti ed è quindi in pratica terra di nessuno. Lotta accanita anche sul Pertica, dove il 41° fanteria (brigata Modena), ha respinto un violento attacco nemico. Stante l’accanita resistenza nemica, il Comando Supremo ha dato ordine al generale Giardino, comandante la 4a Armata, di limitare le azioni alla sola artiglieria e ad iniziative locali della fanteria, tenendosi pronto ad approfittare di eventuali ripercussioni positive della battaglia in corso sul Piave.

Intanto gli inglesi della 48a divisione sono avanzati verso le trincee austriache a sud delle rovine di Asiago trovandole completamente abbandonate; conferma di tale situazione è arrivata da una ricognizione in forze eseguita da reparti italo-francesi operanti a lato dei reparti britannici.

Nel settore del Piave a ridosso del Grappa la brigata Re (1° e 2° fanteria) ha attaccato nella conca di Alano, mentre la brigata Trapani (149° e 150° fanteria) ha occupato l’abitato di Favero catturando 1.300 prigionieri. Sulla sinistra Piave i francesi della 23a divisione hanno occupato Segusino e i battaglioni alpini Verona, M. Baldo, Morbegno e Tirano hanno iniziato a risalire le scoscese pendici del M. Cesen, iniziando in tal modo l’avvolgimento del massiccio del Grappa da est.

Più a sud i reparti dell’8a Armata hanno completato l’attraversamento del Piave ed avanzano incalzando il nemico in ritirata; le brigate Tevere (215° e 216° fanteria) e Aquila (269° e 270°), unitamente alla 2a divisione d’assalto, sono avanzate verso il Col di Guarda e le colline sovrastanti Susegana; le brigate Piacenza (111° e 112°) e Lucca (163° e 164°) incalzano i reparti austriaci in ritirata all’altezza di Nervesa. Intanto le brigate Bisagno (209° e 210° fanteria) e Sassari (151° e 152° fanteria) hanno vinto la resistenza nemica ed hanno occupato Conegliano; in questo modo è stato raggiunto l’obiettivo strategico di insinuare un cuneo tra la 5a e la 6a Armata austro-ungariche.

Nel frattempo le brigate Como (23° e 24° fanteria) e Ravenna (37° e 38° fanteria) si sono spinte fino al fiume Monticano, dove aerei italiani ed inglesi mitragliano a bassa quota i reparti del 12° Schützen che sono fuggiti senza reagire. Reparti di cavalleria appiedata britannica si sono impadroniti del ponte sul Monticano tra le località di Vazzola e Cimetta vincendo la resistenza dei reparti austriaci di presidio; gli inglesi hanno potuto quindi attraversare il fiume raggiungendo la linea dell’artiglieria del XVI corpo austriaco, costringendo ad un disordinato ripiegamento i reparti nemici dalla 26a divisione Schützen, i cui reparti di etnia cecoslovacca si sono rifiutati di combattere. L’attacco italo-inglese ha permesso una penetrazione larga 20 chilometri e profonda 10 nello schieramento difensivo avversario e l’intera 6a Armata austro-ungarica, privata della quasi totalità delle artiglierie, è stata quindi costretta ad iniziare una manovra di ripiegamento verso il crinale prealpino bellunese trasferendo il proprio comando da Vittorio Veneto a Pordenone; presso il gruppo di armate Boroevič si registrano ammutinamenti tra i ranghi dei battaglioni della riserva che oramai non obbediscono più agli ordini.

Giornalisti e testimoni degli avvenimenti a seguito delle nostre truppe avanzanti, tra i quali il ministro Bissolati, riferiscono di scene di gioia commossa degli abitanti dei pesi liberati dai nostri reparti vittoriosi. Dalle case semidistrutte dei paesini sbucano civili inebetiti ed impauriti, che da un anno subivano le privazioni della guerra e i soprusi degli occupanti; realizzato che gli uomini in divisa per le strade sono soldati italiani e non più quelli austriaci, scoppiano a piangere e gli si gettano alle gambe, mentre le donne urlano “Benedeti! Benedeti!”. A Conegliano liberata i nostri soldati bussano alle porte urlando “Italiani, siamo italiani!”, e allora la gente scende per le strade a far festa, mentre la città è un tripudio di bandiere tricolori e di gente che urla di gioia, ringrazia, piange, prega.

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