Il Ministro S. Sonnino

Il Barone Sidney Sonnino

Il Barone Sidney Costantino Sonnino nacque a Pisa l’11 marzo del 1847 da famiglia nobile. Suo padre (Isacco Saul) era un commerciante di origine ebraica e sua madre (Georgiana Sophia Arnaud) era britannica di confessione anglicana.

Nel 1862 si laureò a pieni voti e con lode in diritto internazionale riducendo a tre anni il corso di studi (così come aveva ridotto a due il liceo) e dopo una breve esperienza come avvocato si dedicò alla carriera diplomatica trovandosi alle ambasciate di Madrid, Vienna, Berlino, in Francia durante la guerra franco-prussiana del 1870, e nel 1873 per breve tempo a San Pietroburgo.

Tornò in Italia dove si dedicò agli studi sulle condizioni delle masse rurali in particolare sulla Sicilia denunciando gli aspetti negativi del latifondo.

Nel 1878 fondò la rivista ‘’Rassegna Settimanale’’ di ispirazione liberal-conservatrice.

Approdò poi definitivamente alla politica venendo eletto deputato nel 1880 tra le fila della destra moderata.

Tra i suoi interventi più significativi in aula vanno segnalati quelli sulle miserevoli condizioni dei lavoratori del riso, sul degrado della campagna romana e sulle malsane abitazioni dei poveri, specialmente nel sud del Regno.

In politica estera fu convinto sostenitore dell’opportunità di legarsi ad Austria e Germania, sia in articoli giornalistici che in discorsi parlamentari del 1881, giusto l’anno prima che il governo Depretis stipulasse l’alleanza con gli imperi Centrali; appoggiò la politica filogermanica di Crispi, nei cui governo entrò come Sottosegretario al Tesoro nel gennaio del 1889 e nel 1893 come Ministro delle Finanze e del Tesoro. L’anno successivo propose al Parlamento un programma di risanamento che cercò di improntare e criteri di equità: impose una tassa sul reddito per le classi più ricche, una sugli interessi dei buoni del tesoro per la classe media, ed un aumento della tassa sul sale per le classi meno abbienti: ottenne una durissima opposizione sia dalla sinistra che dai proprietari terrieri e data la posizione insostenibile che si venne a creare diede le dimissioni e di conseguenza Crispi annunciò la caduta dell’intero governo. Re Umberto riaffidò l’incarico a Crispi che sostituì Sonnino con Boselli alle finanze lasciando al primo il Tesoro: Sonnino riuscì a far approvare la tassa sugli interessi sui buoni del tesoro, provvedimento che permise all’Italia di arrivare al pareggio di bilancio.

Intanto nel 1895 maturava la crisi tra Italia ed Etiopia.

Sonnino si tenne sempre su posizioni di prudenza e sostenne una politica coloniale strettamente difensiva per non andare a gravare sul bilancio dello stato (anche perché la pressione fiscale già elevata non poteva essere ulteriormente aumentata); ma quando Crispi comincio a parlare di offensiva in Abissinia, Sonnino ebbe col Presidente del Consiglio un alterco. Di li a poco l’Esercito Italiano sarà definitivamente sconfitto ad Adua.

Il primo gennaio del 1897 pubblica un articolo sulla ’’Nuova Antologia’’ dal titolo ’’Torniamo allo Statuto’’, nel quale lancia l’allarme per le minacce che clero e socialisti rappresentano per lo stato liberale ed auspica una diminuzione del parlamentarismo a favore del ripristino dei poteri che al sovrano spettavano in base ad una rigida interpretazione della Carta.

Le elezioni del 1900 videro una forte ascesa dei socialisti ed il Re affidò il governo al moderato Saracco. Durante questa legislatura Sonnino guidò l’opposizione conservatrice e nel 1901 nacque da una sua iniziativa il quotidiano ‘’Giornale d’Italia’’, in collaborazione con Salandra.

Vi fu poi il primo incarico come Presidente del Consiglio quando il Re Vittorio Emanuele III gli affidò l’incarico di governo l’8 febbraio del 1906. Tale esperienza fu però breve (il governo cadde nel maggio successivo) dato che l’appoggio parlamentare vi era stato più per la debolezza della compagine giolittiana che per al solidità della maggioranza eterogenea di cui godeva il governo di Sonnino. Comunque in questa seppur breve esperienza Sonnino si confermò come uomo di riforme soprattutto per quanto riguardava la questione del latifondo nel Meridione; in politica estera appoggiò il riavvicinamento alla Francia concretizzato con l’azione italiana alla conferenza di Algeciras dopo gli attriti franco-tedeschi.

Un’altra significativa occasione di intervento in politica estera vi fu con l’annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell’Austria nel 1908, occasione durante la quale Sonnino, pur ribadendo il suo sostegno all’appartenenza dell’Italia alla Triplice Alleanza, non mancò forti critiche all’alleato che non concesse all’Italia quelle compensazioni territoriali che l’alleanza stessa prevedeva.

L’11 dicembre del 1909, dopo la caduta del terzo governo Giolitti, Sonnino ebbe per la seconda volta           l’ incarico di formare un governo, ma anche questa volta fu di breve durata dato che la politica riformatrice di Sonnino trovava fortissime resistenze in Parlamento (il governo cadde il 31 marzo del 1910).

Nel 1911 Giolitti, e con lui il Ministro degli Esteri Marchese di San Giuliano, diedero il via alla guerra di Libia contro l’Impero Ottomano, e Sonnino appoggiò l’Impresa dal suo Giornale d’Italia e dal Corriere della Sera.

Nel marzo del 1914 divenne Presidente del Consiglio il suo vecchio amico Antonio Salandra, con San Giuliano agli esteri che si trovò a gestire la difficile posizione dell’Italia con l’inizio del conflitto.

Come sappiamo, il Marchese di San Giuliano è mancato improvvisamente lo scorso 16 ottobre e Salandra ha chiamato Sonnino al Ministero degli Esteri, incarico che lo vede protagonista nelle difficili trattative con il governo di Vienna; governo che si dimostra assai poco disponibile a quelle concessioni territoriali che spettano all’Italia in base alle clausole del trattato della Triplice Alleanza ancora in vigore, e che porterebbero a compimento le giuste aspirazioni dell’Italia allontanando nel contempo ogni pericolo per l’Austria che l’alleato di oggi possa diventare un nemico domani.

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