Che ne è delle promesse di Maggio?

L’alba del 24 maggio ha visto l’Esercito Italiano aprire le ostilità contro l’Austria-Ungheria. La tanto temuta e voluta guerra era iniziata sotto gli auspici di una rapida e vittoriosa conclusione.
Nelle settimane precedenti l’opinione pubblica era spaccata a metà tra interventisti e neutralisti, le manifestazioni di entrambe le fazioni si svolsero in un clima teso, quasi da guerra civile fino alla fine. Inaspettatamente, una volta deciso l’intervento tutto venne ammantato da una calma insolita. Nei suoi circa 50 anni di unità il Regno d’Italia non aveva mai vissuto in un clima da guerra civile.
Una volta deciso l’intervento, le fazioni politiche dichiaratesi per il non intervento, preso atto della sconfitta, si dimostrarono moderati e leali, l’ultima grande manifestazione pacifista si tenne il 17 e 18 maggio, dopo di che sporadici articoli sui giornali e qualche sciopero di scarso rilievo furono le uniche reazioni che si ebbero.
Il Partito Socialista, con gli onorevoli Turati e Treves, adotto la politica del “non aderire né sabotare”, avvicinandosi alla causa nazionale. I cattolici più volte dimostrarono di partecipare attivamente alla mobilitazione generale. Più prudente invece è la posizione dei Giolittiani che per il momento non hanno espresso una particolare presa di posizione. “Italia Nostra”, una corrente neutralista molto attiva tra i circoli culturali del nostro paese, si è sciolta immediatamente dopo la decisione dell’intervento italiano in guerra. Cesare De Lollis, il suo fondatore, partì volontario per il fronte nonostante abbia già superato i 50 anni.
Per la prima volta in 9 anni, perfino la socialista Bologna, esponendo il tricolore dal Municipio, salutava i lavoratori partenti per il fronte ed augurava loro una veloce vittoria:

“Salutiamo con entusiasmo i più validi che partono verso i campi di battaglia a preparare l’auspicata vittoria; ci rivolgiamo a quelli che restano ad invocare cooperazione, perché la vita civile continui calma e dignitosa, e si affermi consolatrice delle famiglie in angoscia e rassicuratrice ai lontani che non invano essi compiranno il loro dovere.”

In questa situazione di idillio nazionale, nazionalisti, socialisti, cattolici, salandrini e giolittiani sembrano aver fatto fronte comune alla causa nazionale, ma nelle città e soprattutto nelle campagne, vaste masse scarsamente interessate al dibattito politico sull’intervento in guerra rimasero indifferenti alla questione ed in alcuni casi ostili.
L’idea generale nella classe dirigente è quella che la guerra in corso sarà una sorta di “Grande Libia”. L’esercito Austriaco è considerato incapace a resistere a lungo e per tanto la guerra si concluderà prima dell’inverno e con una schiacciante vittoria italiana. Salandra punta con questo risultato a rafforzare il suo potere politico a scapito di una camera a maggioranza giolittiana.
A distanza di quasi 2 mesi da questi eventi alcuni dubbi stanno sorgendo. La classe politica italiana, certa di un facile e veloce esito non sembra interessarsi a quanto sta accadendo sugli altri fronti. In Francia ad esempio, stiamo assistendo da tempo ad una guerra di trincea e logoramento. Dalla stampa economica internazionale, soprattutto americana, si evince che la Gran Bretagna sta stringendo accordi con le acciaierie americane non solo per quest’anno ma anche per i prossimi anni. Questo ci porta a credere che le previsioni britanniche non portano certo ad una rapida risoluzione delle ostilità.
Gli stessi soldati sono partiti senza sapere cosa si sarebbero trovati ad affrontare. La maggior parte di essi infatti si aspettava di partecipare ad una nuova guerra risorgimentale. Una guerra come quella raffigurata nelle litografie e nelle stampe popolari: fanti all’assalto accompagnati da bandiere e fanfare. La previsione di un conflitto facile e veloce attraeva persone con l’illusione di un’avventura da raccontare. Persino le reclute socialiste, una volta decisa la mobilitazione partirono senza particolari rimostranze. Addirittura un ufficiale racconta con stupore il valore dimostrato nei combattimenti del mese scorso dei combattenti romagnoli:

“già dimentichi del rivoluzionarismo paesano, abbraccianti con entusiasmo la causa della Patria”.

Ma anche tra gli interventisti ci furono delle sorprese: via via che i giorni passavano anche l’entusiasmo tra le loro fila andava scemando e parecchi di loro si trovarono ad avere ripensamenti e comunque a scontrarsi con una realtà diversa da quella che avevano immaginato. Prima di tutto fu vietato loro di fare propaganda di alcun tipo tra i ranghi dell’Esercito. Addirittura alcune frange quali interventisti di sinistra, repubblicani e socialisti rivoluzionari sono oggetto di controlli molto attenti. Il fenomeno del volontariato è di fatto scoraggiato dal governo e dai comandi dell’esercito e per finire, cosa per loro decisamente inaspettata, l’accoglienza delle popolazioni al di la dei confini orientali è sino ad oggi tutt’altro che cordiale, cosa che aveva alimentato sino ad oggi le illusioni degli interventisti.
In pratica, sin dal primo momento, fu vietato a tutte le forze politiche favorevoli all’intervento di fare propaganda in seno all’esercito. Il Presidente del consiglio Salandra, così come il Ministro Sonnino, non vedono di buon occhio gli interventisti e non amavano la loro concezione della guerra. Per il Governo, la guerra “è un fatto esclusivamente militare da amministrare con criteri rigidamente militari” secondo una concezione in uso in tutti gli eserciti europei. In Italia questo è ancora più rigidamente applicato in quando il Comandante in Capo, Generale Cadorna ha più volte dichiarato di “vedere con sospetto e poca fiducia la vita politica e civile del paese”. Non a caso, il Ministro della Guerra Generale Zuppelli, il 10 giugno scorso inviava disposizioni ai comandi di Corpo d’Armata atte a scongiurare opere di propaganda in qualsiasi forma:

“E’ a conoscenza di questo ministero che a mezzo di riunioni, tenute in qualche centro importante e segnatamente a Milano, dei fasci rivoluzionari interventisti siasi fatta una vivace propaganda fra i fascisti richiamati od arruolati volontariamente sotto le armi perché si adoperino a diffondere largamente fra i soldati la propaganda rivoluzionaria, sia pure raccomandando loro di combattere intanto valorosamente contro gli imperi centrali. A capo di tale movimento sarebbe il Prof. Mussolini, direttore del Popolo d’Italia, il quale dovrebbe fra poco partire per il servizio militare[…] E’ indispensabile che con oculate ed energiche disposizioni sia provveduto ad impedire in modo assoluto che tale insana propaganda possa ovunque penetrare nelle file dell’Esercito.”

Già ai primi di maggio in numerose città si erano formati nuclei di aspiranti volontari desiderosi di dar vita a battaglioni “Garibaldini”, a tal proposito in una riunione del Consiglio dei Ministri tenutasi il 23 maggio la questione fu esaminata e di fatto si decise di non consentirne la creazione per evitare rischi sovversivi: armare un nucleo di 12-15 mila repubblicani è ritenuto pericoloso.
Ora dopo i primi mesi di aspri combattimenti tutto sembra stravolto, come se la realtà auspicata fosse stata un miraggio: niente guerra “garibaldina”, nessun facile risultato, un nemico comunque tenace e ben preparato e soprattutto con alle spalle quasi un anno di esperienza sul nuovo tipo di conflitto in corso. Le previsioni per una facile e rapida vittoria sembrano ormai svanite nel nulla, mere illusioni. Le settimane di scontri appena trascorse ci hanno consegnato una realtà lontana dagli ideali risorgimentali, le stesse popolazioni da “liberare” e far rientrare nella Patria ci sono ostili e non sono insorte, armi alla mano come speravano i nostri politici. L’avanzata è lenta e costa molte perdite, vite gettate all’assalto impreparate e soprattutto con una tattica ormai inadeguata, anacronistica: gettarsi all’assalto verso nidi di mitragliatrici e reticolati di filo spinato come se fosse una guerra del secolo scorso è un suicidio. Speriamo che i nostri comandi militari capiscano presto questo anacronismo prima che possa trasformarsi in un disastro militare.

FacebooktwitterredditpinterestlinkedinmailFacebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

'Che ne è delle promesse di Maggio?' has 1 comment

  1. 19 Luglio 2015 @ 8:25 Guidone

    Uno dei piu profetici articoli di sempre


Would you like to share your thoughts?

www.notiziedalfornte.it: La prima guerra mandiale dopo 100 anni powered by P2Easy.com