Morto il generale Kaledin

Aleksej Maksimovič Kaledin naque a Ust’-Chopërskaja il 24 ottobre 1861 da una famiglia di origine cosacca, intraprese da subito la carriera militare. Sul suo passato si hanno poco notizie, le più numerose sono quelle che risalgono all’attuale conflitto che lo hanno visto inizialmente al comando del 12º battaglione di Cavalleria e successivamente dell’8ª Armata sul fronte Sud-occidentale. Si diplomò all’Accademia militare di Voronež nel 1882. Dal 1903 al 1906, diresse la Scuola Militare di Novočerkassk. Dal 1906 al 1910, fu Capo di stato maggiore dell’armata cosacca del Don.
Allo scoppio della rivoluzione di Febbraio del 1917, venne sollevato dal comando dal Governo provvisorio per insubordinazione in quanto non approvò la deposizione di Nicola II. Il 17 giugno 1917, venne dichiarato “Ataman” dei Cosacchi del Don e prese il comando dell’armata cosacca, decisione presa però anche grazie all’insistenza di Mitrofan Bogaevskij. Bogaevskij era un insegnante e storico nonché un prestigioso intellettuale non bolscevico dei cosacchi del Don. Era un buon oratore, il “Demostene del Don”, e grazie a queste sue doti ed al suo carisma riuscì a convincere il Parlamento dei cosacchi a scegliere Kaledin come nuovo “Ataman”,  per tutelare la secolare autonomia dei cosacchi di quella regione. Nell’agosto 1917, a Mosca, Kaledin intensificò la repressione violenta del movimento rivoluzionario cosa che lo fece divenire bersaglio dei rivoluzionari più intransigenti.
Il 29 agosto, le autorità locali di Novočerkassk decisero di chiedere a Aleksandr Kerenskij di sollevare dall’incarico il generale Kaledin e di arrestarlo per aver appoggiato Kornilov e fatto propaganda tra i cosacchi della regione del Don. Il 31 agosto Kerenskij inviò un telegramma con il quale lo dichiarava immediatamente sollevato dall’incarico e ne ordinava l’arresto per incitamento alla sommossa. Nei primi giorni di settembre, Kaledin cercò di argomentare la propria difesa e di proteggere Kornilov dalle accuse del governo provvisorio.
Le sue speranze di mantenere uno stato di “non belligeranza” furono cancellate nel momento in cui Lenin decise di rompere la tregua e risolvere la questione dei cosacchi del Don, a metà dicembre. Egli aveva fretta di liquidare la questione per presentarsi alla conferenza di Brest-Litowsk, la cui apertura era prevista per il 22 dicembre, con meno elementi di debolezza interni possibili. In particolare rappresentavano una spina nel fianco i governi indipendenti della Rada ucraina, a Kiev, e dei Cosacchi di Kaledin nella regione del Don. Il 13 dicembre Antonov Ossenko, colui che aveva preso il palazzo d’Inverno, fu incaricato dal governo bolscevico di chiudere la questione.
Altro problema per l’autorità di Kaledin era legata all’alto numero di masse povere, contadini ed ex soldati rientrati dal fronte, su cui la dottrina bolscevica aveva avuto effetto, estremizzandoli. Quindi si trovava ad avere a che fare con masse che se non erano “neutrali” alle due fazione erano sicuramente contrarie alla sua autorità. In suo aiuto poteva contare su alcuni ex generali russi tra i quali Aleksejev, ex Capo di Stato Maggiore, Kornilov e Denikin che, si ritrovarono alla fine a Rostov e riuscirono ad organizzare una armata anti-bolscevica.
Nonostante questo aiuto, conscio dell’inferiorità delle proprie truppe, tentò di mantenere un atteggiamento cauto, cercando di formare un nuovo Governo di transizione cosacco, sperando di fermare così l’avanzata di Antonov, ma così non fu.
Le truppe cosacche subirono diverse sconfitte, il 29 gennaio egli rassegnò le dimissioni, la fine era ormai arrivata. Nella giornata di oggi è arrivato l’annuncio della sua morte: si è suicidato con un colpo di pistola alla testa.

 

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