Il Trattato della Triplice Alleanza

La Triplice Alleanza è un accordo di mutuo soccorso militare stipulato tra Germania, Austria-Ungheria e Regno d’Italia il 20 maggio del 1882.
Dopo il colpo di mano francese del 1881 sulla Tunisia, alla quale l’Italia aspirava, a Roma si avvertì la necessità di avvicinarsi ad un potente alleato che le la garantisse in caso di grave crisi con la Francia. Del resto la Germania di Bismark vedeva con preoccupazione il crescente panslavismo russo ed era quindi interessata a che i rapporti tra l’Italia ed Austria (la Duplice alleanza tra Germania ed Austria era stata firmata nel 1879) si distendessero affinché l’impero austrico potesse in caso di necessità rivolgere le proprie forze contro il colosso russo avendo in sicurezza i confini meridionali (quelli appunto con l’Italia).
La prima versione del trattato prevedeva, per volere dell’Italia, che le norme del trattato non fossero valide in caso di conflitto con la Gran Bretagna che era padrona assoluta del Mediterraneo. Nel 1887 fu stipulata una nuova versione dell’ alleanza che in buona sostanza riprendeva i contenuti della prima stipula ma vi aggiungeva degli accordi bilaterali; tali accordi riguardavano particolarmente la questione dei Balcani ovvero il fatto che se Austria o Italia si fossero trovate ad acquisire dei territori in quella regione, avrebbero dovuto farlo previo consenso dell’altra, alla quale sarebbero spettate delle idonee compensazioni territoriali. Inoltre la Germania si impegnava a soccorrere militarmente l’Italia anche in caso di un conflitto italo-francese nel Mediterraneo (in riferimento ad eventuali azioni dell’esercito francese contro i possedimenti coloniali italiani).
Il 6 maggio 1891 fu poi firmato un terzo trattato nel quale i patti bilaterali italo-austriaci ed italo-tedeschi divennero parte integrante dell’alleanza e la questione dei compensi territoriali tra Austria ed Italia andò a costituire l’articolo 7, quello che è oggi oggetto di discussione tra i governi italiano ed austriaco. Pochi anni dopo, nel 1896 il trattato fu rinnovato senza modifiche, ma in un contesto internazionale completamente cambiato: l’erede al trono d’Italia Vittorio Emanuele sposò Elena del Montenegro, cosa che riaccese gli interessi italiani nella penisola balcanica, ed il Governo Saracco stipulò un importante accordo con la Francia per il quale l’Italia dava il nulla osta per la colonizzazione francese del Marocco in cambio del via libera della Francia ad una eventuale azione italiana in Libia.
Il 28 giugno del 1902 fu ratificato il quarto rinnovo che introduceva l’assenso di Germania ed Austria alle mire italiane sulla Libia che, unitamente all’assenso Britannico, davano a Roma il via libera per l’annessione della Cirenaica e della Tripolitania (che avverrà nel 1912).
Nel 1908 vi fu la quarta ratifica quando però andavano peggiorando i rapporti tra Francia e Gran Bretagna da una parte e Germania dall’altra (l’anno prima era entrato in vigore il tratto della Triplice Intesa), così come l’annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell’Austria, senza accordo preventivo e senza compensazioni territoriali per l’Italia, aveva peggiorato i rapporti tra Roma e  Vienna.
Il quinto rinnovo fu nel 1912 e l’Italia vi aderì proprio perché con i pessimi rapporti che con l’Austria erano andati creandosi, una mancata adesione da parte di Roma avrebbe messo l’Italia in una posizione di ostilità dichiarata difronte all’Austria.
Allo scoppio della guerra che da più di quattro mesi divampa sui campi di battaglia europei, fu il ministro degli esteri Marchese di San Giuliano (scomparso lo scorso 16 ottobre) a spingere l’Italia alla neutralità in virtù dell’articolo 4 del trattato, che esonera dall’obbligo di intervento nel casi in cui uno dei contraenti sia l’ aggressore (come nel caso dell’Austria nei confronti della Serbia); ed è in base alle clausole contenute nell’articolo 7 (quello sulle compensazioni territoriali che in virtù di questo spettano all’Italia) che si imperniano le trattative in corso tra Roma e Vienna e che vedono protagonisti l’attuale ministro degli esteri italiano Sonnino ed il suo corrispondente austriaco Berchtold.
Gli articoli 4 e 7:

Art. 4. Nel caso che una grande potenza non firmataria del presente trattato minacciasse la sicurezza degli Stati di una delle Alte Parti contraenti e la parte minacciata si vedesse perciò costretta a farle guerra, le due altre Parti si obbligano ad osservare verso la loro alleata una neutralità benevola. In questo caso ciascuna di esse si riserva la facoltà di prendere parte alla guerra, se lo giudichi opportuno, per fare causa comune con il suo alleato.

Art. 7. L’Austria-Ungheria e l’Italia, non mirando che al mantenimento, in quanto possibile, dello status quo territoriale in Oriente, si impegnano a usare la loro influenza per prevenire qualunque modificazione territoriale che potesse portare danno all’una o all’altra delle Potenze firmatarie del presente Trattato. Esse si comunicheranno a tale scopo tutte le informazioni suscettibili di illuminarle mutuamente sulle loro proprie disposizioni come su quelle di altre Potenze. In ogni modo, nel caso che in forza di avvenimenti il mantenimento dello status quo nelle regioni dei Balcani o delle coste ed isole ottomane nell’Adriatico e nel Mar Egeo divenisse impossibile e che, sia in conseguenza dell’azione di una terza Potenza, sia altrimenti l’Austria-Ungheria o l’Italia si vedessero nella necessità di modificarlo con un’occupazione temporanea o permanente da parte loro, quest’occupazione non avrà luogo che dopo un preventivo accordo fra le due Potenze fondato sul principio di un compenso reciproco per qualunque vantaggio territoriale o d’altra natura che ciascuna di esse ottenesse in più dello status quo attuale, e che dia soddisfazione agli interessi e alle pretese ben fondati delle Parti.

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