Affondata la Benedetto Brin

Il momento del varo della Benedetto Brin

Il momento del varo della Benedetto Brin

Per cause non ancora note la nave da battaglia italiana Benedetto Brin, è affondata nel porto di Brindisi questa mattina alle ore 8 e 27 minuti, a causa dell’esplosione della santabarbara.

Varata nel 1901, la Benedetto Brin era una nave da battaglia caratterizzata da una progettazione pre-dreadnought e cioè precedente al varo della prima corazzata monocalibro inglese ( 1905 ) che di fatto ha reso obsolete molte delle navi da battaglia di tutte le nazioni e ha modificato radicalmente il modo di progettare le più grandi imbarcazioni da guerra. Con una stazza lorda di 13.200 tonnellate, la Benedetto Brin era equipaggiata con 4 cannoni da 304mm, 4 da 203 mm e 12 da 152 mm e necessitava per essere pienamente operativa di 812 tra marinai e ufficiali.

Veterana della guerra italo-turca, il 19 aprile del 1912, unitamente alle navi Saint Bon, Filiberto, Regina Margherita ed agli incrociatori Ferruccio, Amalfi e Pisa bombardò gli Stretti dei Dardanelli; il 24 dello stesso mese fornì un contingente di marinai per occupare l’isola di Rodi. Partecipò inoltre al bombardamento di Tobruch, in appoggio alle truppe italiane intente ad occupare l’importante città libica, e alle operazioni belliche nella Cirenaica e a Bengasi.
Dallo scoppio della guerra, la Benedetto Brin aveva visto pochissime azioni e, considerata obsolescente per via della propria progettazione pre-dreadnought, venne adibita come nave scuola e lasciata all’ancora a Brindisi con la gemella, Regina Margherita.

Al momento dell’improvvisa esplosione, la Benedetto Brin era all’ancora nel porto medio, in prossimità della spiaggia di Marimist.

ernesto rubin de cevin

Contrammiraglio Barone ernesto Rubin de Cevin

I testimoni oculari raccontano che la potentissima deflagrazione ha generato dei micidiali vapori che, sfogandosi nella via di minor resistenza, hanno fortunatamente trovato un varco verso l’alto e non lateralmente e pertanto non hanno coinvolto le navi vicine: la Giulio Cesare, la Dante Alighieri, la Leonardo Da Vinci, la Nino Bixio, l’Emanuele Filiberto, la Saint Bon e la Regina Margherita. Una gran massa di metallo, probabilmente parte della torre poppiera dei cannoni da 305 mm venne proiettata in alto dalla forza devastante dell’esplosione per poi ricadere in bare, sul fianco sinistro della nave. Subito si è scatenato un tremendo incendio che ha avvolto interamente lo scafo della corazzata che si è appoggiata sul fondo, sprofondando nel fango molle, con la parte poppiera completamente sommersa e devastata e l’acqua che arrivava a lambire i cannoni da 152 della batteria di prora.

I soccorsi sono stati immediati da parte dei marinai delle unità vicine e il personale del porto militare. Molti superstiti della Benedetto Brin sono sopravvissuti trovando scampo in mare. L’esplosione, le fiamme e l’affondamento repentino hanno ucciso sul colpo o intrappolato centinaia di marinai senza dare loro alcuno scampo.

Nella tragedia hanno perso la vita il Comandante della 3ª Divisione Navale della 2ª Squadra, contrammiraglio Ernesto Rubin de Cervin, e il comandante della nave capitano di vascello Gino Fara Forni di Pettenasco.

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La Benedetto Brin adagiata sul fondo dopo l’esplosione

Una commissione della Regia Marina ha già iniziato accurate indagini per stabilire i motivi dell’esplosione. Anche la Capitaneria di Porto e una commissione governativa sono al lavoro. La prima ipotesi, quella di un siluro lanciato da un’unità sottomarina austro-ungarica, è stata subito scartata per via del fatto che le reti anti sommergibile poste a difesa della Base di Brindisi sono risultate tutte perfettamente collocate e intatte.

Restano sul tavolo le due ipotesi peggori: un atto di sabotaggio o un’esplosione accidentale.

Fonti anonime indicano una propensione degli investigatori a credere probabile l’ipotesi dell’azione di una spia austro-ungarica che è riuscita ad imbarcare un ordigno esplosivo poi astutamente collocato vicino alla santabarbara e quindi capace di innescare una devastante reazione a catena.

Ben più inquietante invece è la teoria, avversata dagli organi ufficiali, di una debolezza progettuale, segnalata dallo stesso Gino Fara Fondi. Secondo il Comandante, la Santabarbara, collocata vicina alle sale macchine, non sarebbe stata adeguatamente coibentata e i ventilatori deputati allo sfiato dei vapori dei motori non sarebbero stati sufficientemente potenti. Secondo questa ipotesi, il calore delle macchine avrebbe potuto innescare l’autocombustione della balistite accumulata in grande quantità nella Santabarbara e quindi causare la detonazione degli esplosivi e delle munizioni qui stivate non lasciando scampo all’intera nave.

 

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