Pozzuolo del Friuli: l’eroismo della cavalleria italiana

Mentre il nostro Esercito continua a battersi sulla linea Piave-Grappa, vittoriosamente tenuta con la battaglia d’arresto dopo lo sfondamento del fronte isontino da parte del nemico, divengono sempre più particolareggiate le notizie sullo svolgimento della ritirata; da questi particolari se ne trae lo svolgimento reale dei fatti, e si evince quale sia stato il comportamento dei nostri reparti sganciatisi dall’Isonzo per giungere prima sul Tagliamento e successivamente sul Piave.

Uno dei tanti eroici episodi che testimoniano coi fatti come l’Esercito si sia ritirato battendosi, sebbene battuto nel tragico frangente di Caporetto, è quello occorso in località Pozzuolo del Friuli tra il 29 ed il 30 ottobre scorsi.

Annientata dall’attacco nemico l’ala sinistra della 2a Armata, l’ala destra aveva il compito di proteggere lo sganciamento della 3a Armata onde evitare il suo aggiramento da parte degli austro-tedeschi, cosa che avrebbe comportato l’irreparabile perdita dell’unica armata dell’Isonzo rimasta intatta dopo Caporetto. Essendo l’ala destra della 2a Armata fortemente premuta dai reparti austro-germanici, era assolutamente necessario che ad essa venisse reso possibile lo sganciamento dalla pressione nemica; tale compito fu affidato alla 2a Brigata di Cavalleria, comandata dal generale Giorgio Emo Capodilista: la suddetta brigata era formata dai reparti 4° Genova Cavalleria (al comando del colonnello Bellotti) e 5° Lancieri di Novara (comandata dal colonnello Campari). Il compito affidato alla brigata sottintendeva il sacrificio della stessa.

La 2a Brigata entrò nell’abitato di Pozzuolo del Friuli alle 17:30 del 29 ottobre, schierandosi con il Genova ad est ed il Novara ad ovest; l’abitato fu quindi adibito a difesa e vi si aggiunsero alcune aliquote della brigata di fanteria Bergamo (25° e 26° reggimento di fanteria), giunti sul posto dopo una marcia di cinque ore sotto una pioggia battente. Passato tranquillamente il giorno 29, la mattina del 30 le avanguardie nemiche entrarono in contatto con i nostri reparti schierati in Pozzuolo, nello specifico quando verso le 11:00 reparti della 117a divisione tedesca, appoggiati da un nutrito fuoco di artiglieria, attaccarono venendo però respinti dalle mitragliatrici in appoggio al Genova e da una carica di uno squadrone sempre del Genova; alle 12:00 l’attacco nemico fu rinnovato con maggiori forze, ma i tedeschi furono respinti alla baionetta in combattimenti casa per casa, e da una carica di uno squadrone questa volta del Novara. Alle 14:00 i reparti della Bergamo, schierati a nord di Pozzuolo, furono attaccati in forze dalla 5a divisione tedesca, mentre da est giunse la 60a divisione austriaca che, unitamente alla 117a tedesca, attaccarono i nostri reparti che resistettero accanitamente fino alle 16:30, quando le superiori forze nemiche furono respinte da una carica del Novara.

I reiterati sforzi nemici, in schiacciante superiorità numerica, furono poi premiati e gli attaccanti riuscirono a piazzare nelle case di Pozzuolo alcune mitragliatrici che resero insostenibile la situazione per i reparti italiani.
Vista la situazione, il generale Emo Capodilista ordinò ai reparti di sganciarsi e di lasciare l’abitato di Pozzuolo, raggiungendo quindi Santa Maria di Sclaunicco alle 18:30; ultimo reparto a lasciare Pozzuolo fu il 4° squadrone del Genova, che effettuò l’ultima carica contro il nemico venendo quasi completamente annientato.

L’accanimento nella difesa da parte di valorosi dragoni del Genova, dei lancieri del Novara e dei fanti della Bergamo, il cui valore è stato anche riconosciuto dal nemico, hanno quindi permesso al grosso dei reparti dell’ala destra della 2a Armata di proseguire la ritirata verso il Tagliamento.

Il generale Emo Capodilista ed i suoi valorosi soldati hanno quindi svolto con abnegazione il loro fondamentale compito, compiendo un enorme sacrificio: la mattina del 29 ottobre la 2a Brigata di cavalleria contava tra i propri ranghi 968 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa; la sera del 30 ne rimanevano solo 501.

Il glorioso episodio descritto, in cui i nostri soldati si sono sacrificati battendosi accanitamente contro le forze austro-tedesche avanzanti dopo lo sfondamento del fronte dell’Isonzo è, sia ben chiaro, solo uno dei tanti dei quali è giunta notizia e che testimoniano come la ritirata dall’Isonzo si sia svolta combattendo armi alla mano: Mortegliano, Organo, Flambro, Carpeneto, Scalunicco, Villacaccia, Nespoledo, Galleriano, Pozzecco, Rivolto, Zompicchia, Codroipo, Goricizia e i ponti della Delizia, sono altrettanti episodi degni di nota; e vi si aggiunga l’eroico comportamento del battaglione alpino “Val d’Adige” nella difesa di Monte Ieza, del reggimento “Saluzzo” a Beivars, dei lancieri “Aosta” e “Mantova” a Fagagna, degli squadroni di “Roma” e “Monferrato” a Pasian Schiavonesco e l’eroismo della brigata Bologna nella difesa di Monte Ragogna (alla quale i tedeschi hanno concesso l’onore delle armi). In queste località i soldati dei nostri reparti in ritirata dall’Isonzo si sono battuti accanitamente per aprirsi la strada in mezzo agli abitati per raggiungere le linee di resistenza prestabilite, sotto gli attacchi delle ben organizzate forze nemiche, in accaniti scontri spesso alla baionetta.

Tutti questi episodi dimostrano come la ritirata sia stata portata avanti da un esercito provato dalla sconfitta, ma non certo rinunciatario; e l’eroica resistenza sul Piave e la vittoria conseguita nella battaglia difensiva ne sono testimonianza.

I nostri soldati hanno dimostrato agli alleati, al mondo intero e soprattutto al nemico, che l’Italia ha in animo il desiderio della vittoria e che il paese, tutt’uno con l’Esercito, continuerà a battersi così come ribadito dalle autorità del Governo e da Sua Maestà il Re, al quale particolarmente sentito va il nostro ringraziamento per aver saputo prendere in mano le redini della situazione nei drammatici giorni seguiti a Caporetto, ribadendo con forza nel convegno tenutosi a Peschiera che l’Italia avrebbe continuato a battersi fino alla vittoria finale. La guerra, ora stabilizzatosi definitivamente il fronte del Piave, continua quindi su questo fiume divenuto sacro sulle cui sponde i nostri soldati hanno scritto pagine di eroismo, abnegazione e sacrificio che saranno sicuramente ricordate per generazioni.

Tutto il paese si stringe quindi attorno all’Esercito, che continuerà la lotta fino a quando il Tricolore sventolerà definitivamente sul castello del Buonconsiglio e su quello di San Giusto.

Viva Trento e Trieste italiane!, viva il Re!, viva l’Italia!

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