Il carro tedesco A7V

L’ingresso dei primi tank inglesi sul fronte occidentale, spinse i tedeschi a sviluppare un’arma simile. I tedeschi infatti temevano i carri inglesi nonostante le contromisure che adottarono per combatterli fossero efficaci. Di fatto l’uso da parte degli inglesi di queste armi aveva tolto il vantaggio dell’iniziativa ai tedeschi, consentendo loro di controbattere i massicci e lenti carri da posizioni fisse, mentre nell’offensiva le loro truppe erano comunque vulnerabili alle mitragliatrici alleate.

Le specifiche del progetto vennero definite nel novembre 1916 dal Ministero della Guerra tedesco che convocò una apposita commissione tecnica per studiare veicoli corazzati capaci di muoversi anche fuoristrada, trasportando un armamento e una efficace corazzatura. La commissione, fu affidata guidata all’ingegnere Joseph Vollmer. Le specifiche richieste per il futuro tank erano quanto mai audaci: capacità di carico utile di 4 tonnellate ad una velocità di 12 km/h su strada e 6 fuori, un cannone in caccia, uno in ritirata e mitragliatrici sui lati. Il motore doveva avere 80-100 cavalli di potenza. La sua concezione alla fine si dimostrò molti semplice in termini costruttivi: lo scafo era basato sopra un pianale rettangolare su cui erano agganciati i cingolati, frontalmente la struttura aveva forma a V, per deflettere meglio i colpi. Tutte le parti erano massicciamente imbullonate tra di loro.

La parte frontale della corazza era spessa 30mm, ma costituita da “acciaio dolce” a causa della cronica carenza di leghe speciali, stessa storia anche per la corazzatura posteriore spessore posteriore di 20mm. I lati erano invece composti con acciaio indurito spesso 16mm. Le prime versioni avevano una corazzatura composta da 5 pannelli laterali mal assemblati, il che consentiva di far passare sottili schegge di proiettili, le corazze vennero successivamente migliorate sia come qualità che come montaggio.

La motorizzazione anziché un singolo motore come da richiesta finì con l’essere composta da un paio di motori Daimler-Benz da 100Hp, alloggiati dentro lo scafo, senza una separazione con il comparto dell’equipaggio, causando evidenti disagi ai suoi occupanti, problema comune ai carri inglesi  ma questa scelta aveva una motivazione tecnica: data l’alta frequenza di intervento su di essi, averli rapidamente raggiungibili, anche stando dentro il veicolo era un vantaggio per i macchinisti. La trasmissione era composta da un albero centrale, il cambio-differenziale Adler e  2 gruppi di riduzione finale, installati posteriormente nello scafo, i motori erano al centro, dotati di radiatori aventi grigliature laterali.
Le sospensioni erano composte da 3 carrelli per cingolo, ciascuno con 4 ruote e dotate di molla elicoidale inserita in un manicotto e garantivano una marcia sorprendentemente agevole in terreni difficili.

L’armamento era costituito a prua da un cannone da 57/26,3 mm corto Maxim-Nordenfeldt (preda bellica belga), in grado di sparare proiettili da 2,7 kg a 487 m/s con una gittata di 6400 m ed operava grazie a  due serventi. Vi erano poi 6 mitragliatrici MG 08 da 7,92 mm Mauser, con una coppia di serventi per ciascuna disposte sui lati, in avanti e sul retro. Pilota e capocarro alloggiavano in una sovrastruttura centrale, in modo da avere una buona visuale complessiva. Contando poi i 2 meccanici presenti, il totale dell’equipaggio conta ben 18 uomini. Il primo esemplare, consegnato il 1º ottobre 1917, entrò in servizio nell’Abteilung I il 29 settembre. Solo nel febbraio 1918 i primi carri apparvero in un’esercitazione, senza suscitare tuttavia grande impressione. Il 21 marzo l’Abteilung I partecipò al suo primo combattimento, presso St. Quentin,

 

I suoi difetti erano evidenti: la velocità massima prevista non venne mai raggiunta, la sagoma troppo grande costituiva un facile bersaglio per le artiglierie, l’equipaggio era troppo numeroso, i cingoli più corti dello scafo e con poca altezza da terra lo rendevano molto inferiore ai carri inglesi e di poco superiore alla maggior parte di quelli francesi nel movimento fuoristrada. Aveva infatti una notevole difficoltà di superare grosse trincee o fossati.  L’autonomia pare essere assai modesta.

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